Andrea Jori
Scultore e pittore
Gli artisti, nel mistero cristiano, hanno sempre trovato un terreno fertile e forte ispirazione per esprimere effi­cacemente, con ricchezza di fantasia e di fede, nella varietà degli stili e dei momenti culturali, i sentimenti della compassione (partecipazione ai sentimenti di Cristo), dell’amore e della gratitudine verso il Figlio di Dio.
Anche il nostro concittadino Andrea Jori, con quest’o­pera, ha voluto aiutarci a contemplare il Cristo, soffe­rente per amore nostro. Anzi, il suo intento è stato anche quello di andare oltre la «cronaca» della Passione, per sottolineare l’originalità e l’unicità di questa «Passione» che le riassume tutte e a tutte dà un senso. L’aggiunta dell’ultima stazione, la quindicesima, «La Risurrezione» fa sì che il fedele, dopo aver incon­trato nel percorso della Via Crucis, momenti di alta drammaticità, trovi qui una visione di fede profonda­mente rasserenante. Il dolore di Cristo non è un casti­go per i peccati di tutti, con cui il Padre infierisce su di Lui, ma un mezzo di redenzione, liberamente abbrac­ciato, per amore, che ci riapre la via della salvezza. Una stazione che proietta speranza su tutto il dolore umano riassunto e riassumibile da Cristo.
L’intento dell’autore però è stato pure un altro: quello di apporre le stazioni della morte, sepoltura e risurre­zione, all’ingresso del battistero, per dire, con S. Paolo, che ogni cristiano battezzato è uno che, come Cristo, «è stato sepolto nella morte per risorgere a vita nuova»; come Cristo ha deposto nel sepolcro l’uomo «vecchio» per uscire rivestito dell’uomo «nuovo», così il cristiano lascia sepolti nell’acqua i peccati per riemergere purifi­cato, figlio di Dio incamminato verso il Regno.
Probabilmente i teologi hanno da ridire su questo accostamento di una «cronaca devozionale» (Via Crucis) ad un sacramento di tutt’altro spessore teologi­co. Ma credo che questo non tolga nulla all’intento dell’autore di sottolineare un battesimo che sgorga dalla Croce e diventa radice di risurrezione per ognuno che crede.
Don Italo Zanoni, 1996

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